Tecnica pianistica.
L'argomento è spinoso, ogni insegnante ha i suoi principi, ancora molti si considerano inseriti in una "scuola" per tradizione. O per abitudine divenuta certezza.
Esiste una sconfinata letteratura su questo argomento, ma, in generale, le incertezze teoriche e pratiche degli studenti sembrano pari alle certezze dei loro insegnanti. E questo è comprensibile, perché la tipologia e la quantità delle esperienze "sul campo" creano una distanza attraverso la quale solo il proprio insegnante può gettare un ponte.
Quando, negli Anni Ottanta del secolo scorso (quaranta anni fa!), studiavo al Conservatorio di Santa Cecilia, il mio maestro faceva spesso riferimento ai principi "razionali" di tecnica di Alfred Cortot, sorta di vademecum del perfetto pianista, che ti ghiacciava fin dall'inizio: "Un periodo di sei mesi è necessario per un primo approfondito studio di questa raccolta, in ragione di tre quarti d'ora al giorno e di un mese circa, o, più esattamente, di trentasei giorni consecutivi per la preparazione di ciascun capitolo."
Oggi, nell'epoca del tutto e subito con il minimo sforzo, mi sembrerebbe privo di senso proporre un testo del genere, anche solo per "tastare" la motivazione, cosa che di consueto i "vecchi" facevano per farti "fare le ossa".
Cionondimeno, quando ti trovi davanti agli studi di Chopin, di Liszt, di Rachmaninov, di Debussy, di Skriabin, di Ligeti è difficile che tu possa eseguirli tutti senza incontrare problemi tecnici da risolvere. Come mai?
Perché hai una conformazione fisica, mentale ed emotiva che appartiene a te soltanto e, soprattutto, vivi in un altro tempo storico.
Se hai un buon maestro, te la cavi.
Durante il "perfezionamento", m'imbattei poi in un autore, pianista e insegnante, che aveva idee lucide e realistiche a proposito di tecnica pianistica; invece di scrivere esercizi, in due soli capitoli (esattamente da pag. 124 a pag. 226 del suo libro L'arte del pianoforte), inseriva "una tabellina" di dieci voci da tenere presente e da riempire nel tempo a proprio piacimento.
A partire da questa tabellina potevi costruirti il "tuo" manuale di tecnica sul "tuo" repertorio.
- Attacco del tasto
- Cinque note in tutte le forme possibili
- Tutte le scale possibili.
- Tutti gli arpeggi possibili.
- Tutte le note doppie possibili.
- Tutti gli accordi possibili.
- Grandi spostamenti della mano
- Polifonia
- Diteggiatura
- Pedale
Non una novità, ma che differenza c'era fra i capitoli di Cortot, fra tutto ciò che vari pianisti-insegnanti mi avevano già raccontato a modo loro, e la tabellina di Neuhaus?
Questa: Cortot scriveva i suoi esercizi, perché riteneva di poter sintetizzare e catalogare in formule e tempi ogni difficoltà tecnica che si possa risolvere con l'aiuto di un altro (una mentalità archivistica, a questo proposito sarebbe interessante rileggere il filosofo Michel Focault), Neuhaus invece scorreva la letteratura pianistica con passione e competenza elevata, facendo intravedere a ciascuno il proprio percorso.
Quelli di Cortot erano esercizi di ginnastica per allievi pianisti, quelli di Neuhaus erano un metodo per musicisti, che volevano esprimere il loro mondo attraverso la voce del pianoforte.
Per me, cadevano d'un tratto tutte le sterili ovvietà e discussioni attorno alla questione dell'interpretazione, del tempo, del peso, della forza muscolare, eccetera.
S'impara ad essere musicisti attraverso la voce di uno strumento.
Se sei arrivato a leggere fin qui, vuol dire che stai studiando e stai cercando un metodo utile per te ... o per qualcun altro ...
Allora, forse, gli appunti che vado inserendo su queste pagine potranno essere per te di qualche utilità ...